sabato 11 giugno 2016

La relazione tra guru e discepolo

Swami Satyananda Saraswati
Chamarande (Francia), agosto 1981
Ogni volta che la relazione tra guru e discepolo è stata discussa da persone intelligenti, sono state espresse differenti opinioni. Alcuni pensatori sostengono che il guru non sia necessario e, da un certo punto di vista, hanno ragione. Il punto centrale della loro argomentazione è che ognuno è il guru di sé stesso e, filosoficamente, questo è corretto: il vero guru è all’interno di ogni persona. Egli è noto come sat guru, la guida interiore.

In realtà, ogni tipo di guida che ricevete nella vita spirituale proviene da questo guru interiore. Ma c’è un altro aspetto che deve essere considerato. Perché dire ad un cieco che siccome fuori splende il sole, non è necessario accendere la luce all’interno di una stanza? È esattamente la stessa cosa. Non c’è nessun dubbio che il guru sia dentro ognuno di noi, ma voi potete sentirlo? Potete seguire le sue direttive? Avete mai sentito il suo amore e le sue benedizioni? L’idea di essere il proprio guru è molto accattivante. In questo modo salvereste il vostro ego. Non dovreste sottomettervi a nessuno. Ma se il guru è interiore, si ha un problema pratico nella vita. Chi sarà lì ad ispirarvi ed a farvi da guida spirituale? Per questo motivo, sin dall’inizio dei tempi, esiste la tradizione di guru e discepolo.

Il collegamento spirituale interiore
Ogni ricercatore deve avere un guru con cui poter stabilire un collegamento spirituale interiore. Guru non significa insegnante, precettore o tutore. Guru significa colui che dissipa l’oscurità: è colui che vi aiuta ad illuminare il vostro sé interiore. Egli potrebbe insegnarvi ed istruirvi nel raja e nell’hatha yoga, oppure potrebbe non darvi nessuna lezione. Le qualifiche di un guru non sono né il raja yoga, né l’hatha yoga e nemmeno la cultura scolastica. Guru è chi ha l’anima colma d’amore fino all’orlo, chi non vive e non lavora per sé stesso. Una persona così, che ha ricevuto l’illuminazione, è un guru.

Nella storia ci sono stati molti guru che non hanno predicato né insegnato, ma sono stati in grado di trasmettere amore e benedizioni ai loro discepoli. Quando avvicinate una persona così, si stabilisce spontaneamente un collegamento tra voi due. È qualcosa di simile all’amore a prima vista. Secondo me quindi, non è necessario spiegare come un discepolo riconosce il proprio guru.

Il primo e più importante collegamento tra guru e discepolo è il mantra. Il mantra è come un seme che il guru pianta nella coscienza del discepolo, proprio come un contadino pianta un seme in un giardino. Il mantra diventa un filo invisibile che lega il discepolo al suo guru. Tramite il mantra le frequenze del cervello del discepolo si sincronizzano con quelle del guru. Così come sintonizzate la radio su una particolare stazione per aggiustarne la frequenza, il discepolo usa il mantra per aggiustare la frequenza della sua coscienza. Certo il mantra purifica la mente e favorisce concentrazione e tranquillità, ma quando il guru lo dà ad un discepolo, lo scopo è di stabilire una relazione.

Il discepolato e l’abbandono
Se volete diventare dei discepoli, ma ancora non avete trovato un guru, dovete considerare un punto importante. Dovete comprendere che il guru è in linea con la vostra evoluzione e realizzazione. In altre parole, a seconda del vostro calibro e personalità, sceglierete un certo guru e lo otterrete. Perciò se volete un guru di qualità buona e superiore, dovrete sviluppare un discepolato e un abbandono superiori.

Un discepolo dovrebbe arrendere il proprio ego al guru, poichè è con quest’atto di abbandono che si svuota. Così come un flauto di bambù produrrà una bellissima melodia solo se opportunamente reso vuoto, allo stesso modo, un discepolo deve svuotarsi per diventare uno strumento utile. L’ostacolo maggiore tra il guru e il discepolo è l’ego. Maggiore è l’ego, minore è la ricettività. Rendendo sottile l’ego, la ricettività inizierà ad aumentare.

Alcune persone sono spaventate all’idea di abbandonare il proprio ego perché hanno paura di perdere la loro individualità. Ovviamente, sono consapevoli di abbandonare il proprio ego in molte situazioni della vita. Non c’è niente di male nell’arrendere il proprio ego al guru. Perdendo la propria individualità dinanzi a lui, si diventa il destinatario di molti benefici, non solamente durante la meditazione, ma anche nella vita di tutti i giorni.

Un flauto vuoto
Forse avrete letto la storia del grande yogi tibetano Milarepa. Quando Milarepa era un ragazzo, andò da un guru a chiedere di essere iniziato. Il guru lo prese a calci e gli urlò: “Tu mascalzone, esci da qui.” Per diversi giorni Milarepa rimase fuori al freddo, davanti alla porta della casa del guru ma il guru si rifiutava di riceverlo. Siccome Milarepa era innocente ed aveva abbandonato il proprio ego, nei principi e nella pratica, non pensava come potremmo pensare noi: “Che strano guru è questo. Se non mi vuole vedere, allora non lo voglio come guru”. Milarepa continuò a rimanere fuori dalla porta ed ogni volta che il guru usciva gli dava un calcio. 
Un giorno il guru uscì e sua moglie portò a Milarepa del cibo appena preparato e caldo. Fino ad allora gli venivano gettati solo degli avanzi. Mentre il ragazzo mangiava, il guru apparve sulla scena. Furioso domandò: “Chi ti ha dato quel cibo?” Milarepa rispose: “Me l’ha dato la mia mamma guru.” Tutto accigliato il guru disse: “Ora ho capito. Sei venuto qui per corrompere mia moglie. Beh, non puoi stare vicino a lei. Vai via da qui.” Il guru gl’indicò una collina e gli disse di costruirsi una casa lassù.

Il povero ragazzo dovette portare pesanti massi dalla valle fino in cima alla collina, giorno dopo giorno, per diversi mesi. Alla fine, quando ebbe terminato il lavoro, il guru andò sulla collina a controllare la costruzione. Trovò il ragazzo che dormiva e gli diede un calcio con tutta la sua forza. “Sei un lazzarone” e il ragazzo si mise a piangere. “Ora che hai terminato la casa, pensi solo a dormire. No, non puoi stare qui. Riporta giù tutte le pietre e costruisci un’altra casa vicino al mio cancello, così posso tenerti d’occhio.” Un qualunque altro discepolo avrebbe detto: “Che strano guru!” Ma Milarepa non aveva ego, era un flauto vuoto, e riportò tutte le pietre giù una ad una.

La trasformazione spirituale
La storia va avanti, ma io voglio solo farvi dare un’occhiata all’approccio di un discepolo verso un guru dal comportamento sorprendente, eccentrico ed illogico. Quando più tardi Milarepa si sedette in meditazione, mise sulla sua testa una piccola lampada di terracotta accesa. Sedette nella posizione del loto per ore, senza fare il minimo movimento. La lampada non cadde né tremolò. Perché? Perché lui non aveva ego. Se siete come dei bambini mentalmente innocenti e puri, la vostra mente può diventare tranquilla in un attimo.

Ci sono molte storie di grandi discepoli come questo, ma nessuno di essi è diventato un discepolo semplicemente scegliendosi un guru. Erano tutti dei devoti che si sono preparati ad affrontare qualsiasi trasformazione fosse inflitta dal guru.

Cosa fa un falegname con del legname? È dolce con esso? No, lo taglia con una sega, lo cesella e ci mette dei chiodi. In questo modo produce un bell’elemento d’arredo. Se un pezzo di legno non subisse questo crudele processo per mano di un falegname, non potrebbe mai essere trasformato in qualcosa di utile. Un discepolo è una materia grezza, non importa quante cose conosce. Potrebbe essere molto intelligente. Potrebbe essere un grande diplomatico, un uomo d’affari o un professore; potrebbe essere mondanamente molto saggio ma questo non ha importanza. È una materia grezza che deve essere trasformata dal guru. Ed uno ad uno tutti gli elementi della sua personalità, devono andare incontro ad un processo di disintegrazione, perché deve essere totalmente ringiovanito e rigenerato. Sebbene il discepolo mantenga lo stesso corpo fisico in tutto e per tutto, gli elementi del suo corpo mentale, emozionale e spirituale sono completamente cambiati. In altre parole, la personalità del discepolo subisce una metamorfosi totale.

Fate attenzione all’approccio intellettuale
In tutta la mia vita da discepolo ho osservato molti punti importanti, veramente pericolosi, nella vita di un discepolo. Quando vivevo con il mio guru, Swami Sivananda, io stesso e molti altri swami spesso pensavamo di saperne di più del nostro guru. Credevamo che la crescita e lo sviluppo dell’istituzione avvenissero solo grazie ai nostri sforzi. C’era molto intellettualismo in noi e a causa di questo, non approcciavamo il nostro guru come dei bambini. Una volta parlammo di questo problema con il nostro guru. Dicemmo: “Spesso ci sembra di sapere più cose di te e ci sono situazioni nelle quali sentiamo che tu stia facendo degli errori.” Swamiji replicò: “Avete ragione.” Quella era la sua grandezza e quella fu la nostra meschinità.

Quando diventate un discepolo, che siate laici o sannyasin, e accettate un mantra dal guru, è molto importante che egli viva nel vostro cuore come una luce costante. Mantenendo la consapevolezza costante al guru sarete in grado di sviluppare il sat guru, quel guru che risiede interiormente.