lunedì 21 settembre 2015

Gli effetti del Pranayama sul cervello

Sannyasi Sivagyana (Richard Budden), Australia

Il pranayama, o espansione del prana o dell’energia vitale, avviene tramite le pratiche di prana nigraha, o controllo del prana (1). In quest’articolo si esamineranno varie pratiche di prana nigraha che contribuiscono, inizialmente, a modificare lo stato psicologico del cervello e, si dice, a risvegliare il prana nei chakra, o centri psichici, all’interno del corpo umano. Vi è un commento sugli effetti che le pratiche del prana nigraha hanno avuto sullo scrittore. È inclusa la relazione di un esame medico effettuato su un praticante di yoga, che conferma la capacità del pranayama d’influenzare l’attività cerebrale dell’individuo. La conclusione è che una pratica prolungata di prana nigraha porta al pranayama che può influenzare significativamente gli aspetti fisici, pranici, mentali e psichici del cervello umano.

Swami Niranjanananda Saraswati definisce il prana, o l’energia vitale, come: “L’essenza di tutta la creazione, delle forme manifeste sia animate sia inanimate, la forza che determina l’esistenza della materia e degli elementi” (2). Il prana nigraha è la manipolazione del respiro che porta al controllo del prana. Quando è praticata regolarmente prana nigraha porta al pranayama, o all’espansione dell’energia vitale.

Il pranayama controlla gli upa prana (i sub prana), crea l’armonizzazione fisiologica del corpo e porta al risveglio del prana nei chakra (centri psichici). Quando il prana è risvegliato nei chakra inizia il pranayama. L’apice è la fusione delle forze di apana, prana e samana in manipura chakra che, a sua volta, genera l’attivazione dei prana udana e vyana. Quando i cinque prana operano simultaneamente, la kundalini (l’energia spirituale o il potenziale evolutivo) (3) si risveglia ed inizia il processo di auto-realizzazione (4).

Il pranayama si divide in tre stadi:
1.    consapevolezza del prana;
2.    prana nigraha;
3.    espansione del prana.

Il prana stesso ha due aspetti. Uno è prana shakti, che è la forza vitale ed è costituita dai cinque prana minori (5). L’altra è manas o chit shakti, la forza mentale o conscia, situata nel cervello. Senza prana il corpo e la mente sono morti.

La scienza moderna asserisce che ci sono dieci aree nel cervello e di queste ne usiamo solo una, al nostro attuale stato di evoluzione. L’uso del restante 90% richiede la distribuzione del prana, per risvegliare queste aree. La mente subconscia e la sua relazione con la mente conscia sono trattate con il pranayama, tramite la creazione di un’interfaccia tra le due, in quell’area del cervello chiamata “sistema di attivazione reticolare” (RAS) (6).

Il RAS è l’attivatore delle varie parti del cervello. L’uomo è in grado d’influenzare il RAS solo tramite il respiro. Nessun’altra funzione del sistema nervoso autonomo può essere controllata dall’attività conscia dell’essere umano. Controllare il cervello tramite il RAS per mezzo della respirazione conscia è un metodo grazie al quale ogni altra funzione del corpo può essere controllata, ad esempio, il battito cardiaco, la pressione del sangue, la digestione, l’eliminazione e l’assorbimento. Perciò, il controllo del subconscio si può raggiungere tramite la pratica del prana nigraha e del pranayama (7)

Di seguito esamineremo quattro pratiche di pranayama per verificare i loro effetti sul cervello e sulle altre parti del corpo. Queste pratiche sono selezionate sulla base della loro importanza nelle pratiche di yoga e la loro riconosciuta influenza sul corpo fisico e psichico.

Kapalbhati
Van Lysbeth asserisce che kapalbhati influenza la circolazione del sangue all’interno del cervello. Kapalbhati cambia il volume del cervello, insieme al ritmo respiratorio, e aumenta anche l’irrorazione della materia cerebrale. La respirazione normale consiste in 12-18 “massaggi” al minuto, mentre kapalbhati può comportare fino a 120 “massaggi” al minuto, il che porta ad un significativo aumento del volume sanguigno in tutto il cervello migliorandone così l’irrorazione.

I capillari si aprono e le cellule cerebrali collegate alla ghiandola pineale e pituitaria ricevono una significativa stimolazione (8). È logico concludere che l’aumento dell’irrorazione sanguigna del cervello è accompagnata da un elevato livello pranico e ciò garantisce anche un’armoniosa distribuzione di prana in tutto il corpo.

Van Lysbeth supporta questa conclusione come segue: “Insieme all’accelerazione della circolazione sanguigna in tutto il corpo, questa stimolazione del cervello e quindi del sistema nervoso centrale, produce una “relazione” speciale del corpo che rinvigorisce e tonifica ogni cellula” (9).

Kapalbhati riduce il rapporto tra il respiro verso l’esterno ed il respiro verso l’interno, nel kundalini yoga, ad un quarto. Questo, a sua volta, aumenta il controllo del respiro, lo allunga fino al punto limite e influenza drasticamente l’anidride carbonica, la chimica, gli acidi e gli alcali del sangue (10). Quando la quantità di anidride carbonica nei polmoni è elevata, si attiva il processo dell’inspirazione: per questo il corpo è molto sensibile ai livelli di anidride carbonica.   

Kumbhaka
Nella pratica di kumbhaka, la ritenzione del respiro, che può essere antar (interna) o bahir (esterna), si raggiunge un punto limite di tolleranza del bisogno d’ossigeno ed un incremento di anidride carbonica. Kumbhaka, praticato per un certo tempo, consentirà al corpo di trattenere l’anidride carbonica ed abituarsi a un livello ridotto d’ossigeno per ottenere un ipometabolismo, cioè un rallentamento del tasso metabolico. Il livello di produzione dell’anidride carbonica è anch’esso ridotto e ciò produce un effetto sottile, che avviene con un controllo consapevole della respirazione. Questo effetto influenza il cervello e la chimica del corpo e riduce la necessità di respirare quando si fa esperienza di un accumulo di anidride carbonica (11).

Anche kumbhaka esterno influenza fisiologicamente il corpo, generando un processo mentale di pausa, a causa di un vuoto creatosi all’interno del corpo. Quest’azione è molto utile nella pratica di pratyahara, il ritiro dei sensi, e in dharana, la concentrazione, come prerequisito per raggiungere lo stato di meditazione.

Il kumbhaka ferma i ritmi vitali del corpo ed influenza le onde cerebrali. Il controllo delle onde cerebrali è la chiave per controllare tutti i ritmi del cervello (12). Gli effetti di bahir kumbhaka sono molti: in linea generale, il corpo e la mente imparano a rimanere calmi anche sotto stress.

Nadi shodhana
Kumbhaka è usato nella pratica di nadi shodhana, la respirazione a narici alternate. Nadi shodhana è la “pratica di equilibrio perfetto” (13): stimola in maniera equa il lato destro e sinistro del cervello e del corpo. Ida e pingala, le nadi, o canali pranici principali, sono bilanciate e questo modifica il processo del pensiero umano, equilibrando l’introversione e l’estroversione. Gli antichi yogi avevano notato che quando ida e pingala sono in equilibrio e purificate, la nadi centrale, sushumna, inizia a fluire, portando ad un aumento della consapevolezza ed allo stato meditativo (14).

Nadi shodhana impone un ritmo al respiro e alle nadi, rispetto allo stato irregolare che si ha normalmente. La vita moderna ha soppresso i ritmi naturali della natura dal corpo umano e nadi shodhana aiuta a portare il corpo, il prana e l’attività mentale in equilibrio. Varie ricerche hanno dimostrato che nadi shodhana influenza le onde cerebrali imponendo un’onda sinusoidale regolare all’attività del cervello normalmente irregolare, imponendo una disciplina alle irregolarità dei processi mentali e, infine, ai ritmi autonomi del corpo.

Kumbhaka in nadi shodhana crea un blocco momentaneo dei ritmi del corpo, cambia l’abituale relazione tra l’anidride carbonica e l’ossigeno, influenzando, così, l’intero sistema. Antar kumbhaka evidenzia la quantità di ossigeno e bahir kumbhaka sottolinea la fase relativa all’anidride carbonica (15).

Ujjayi
Ujjayi, o respiro psichico, prodotto da una leggera contrazione della gola, ha un effetto sottile sull’attività cerebrale mediante quattro processi:

1.    Aumenta la pressione dell’aria nei polmoni ed espande l’uso effettivo degli stessi. Questo assicura il trasporto di ossigeno verso ogni cellula all’interno dei polmoni, rispetto alla percentuale significativamente minore che si avrebbe con una respirazione normale.

2.    L’aumento del trasporto di ossigeno nei polmoni favorisce il flusso sanguigno attraverso il corpo, mentre si è in uno stato di rilassamento. L’effetto è simile a quello raggiungibile quando il corpo è attivo fisicamente, con il vantaggio che l’intero corpo rimane in uno stato di rilassamento (16).

3.    Una consapevolezza cosciente è trasferita alla mente inconscia e questo influenza il sistema nervoso che governa la respirazione. Il sistema nervoso è sottoposto ad un ritmo regolare e ciò ha un effetto profondo sul piano psichico della mente.

4.    La contrazione della gola generata da ujjayi influenza i seni carotidei che regolano la pressione del sangue nelle arterie. Ujjayi esercita una leggera pressione sui seni carotidei che, con il tempo, abbassa la pressione sanguigna con conseguente riduzione della tensione ed un rallentamento dei processi del pensiero nella mente (17).

Esame medico di un adepto di yoga
L’effetto delle pratiche di prana nigraha sottolineate sopra è stato, in parte, motivato da un lavoro esposto al quinto convegno annuale dell’Associazione Internazionale per la Ricerca sulla Religione e la Parapsicologia del 1977. Una ricerca rivelò che Ramananda Yogi, che praticava pranayama da diversi anni, aveva l’abilità di controllare il muscolo cardiaco ed era, quindi, in grado di controllarne la funzione. Durante il pranayama, Ramananda Yogi era in grado di ridurre le pulsazioni da 100 a 65-80 battiti al minuto, anche se tali modifiche potrebbero essere pericolose per chi non pratica pranayama (18). Si è inoltre concluso, in occasione della conferenza, con analisi biologiche, che Ramananda Yogi era in grado di controllare il tasso metabolico basale tramite il pranayama (19).

Gli effetti del pranayama sul cervello, come particolareggiato da Swami Niranjanananda e dai risultati dei test clinici forniti dall’Associazione Internazionale per la Ricerca sulla Religione e la Parapsicologia, convalidano l’influenza profonda del pranayama sul corpo fisico e sulla mente.

Esperienze dello scrittore
Mentre un intenso pranayama porta ad un significativo controllo del cervello, le pratiche di prana nigraha eseguite dallo scrittore hanno creato dei sottili cambiamenti nell’abilità di controllo sia del respiro sia dell’energia all’interno del corpo. È più difficile rilevare eventuali effetti importanti sulla fisiologia del corpo, ma vi è stato un chiaro cambiamento nello stato di unidirezionalità e calma della mente, rispetto ai precedenti due anni, come risultato delle pratiche di kapalbhati, nadi shodhana, bhastrika e della respirazione in ujjayi.

Gli antichi testi yogici trattano della capacità del pranayama di controllare la mente. L’Hatha Yoga Pradipika di Yogi Swatmarama afferma che il controllo del prana può controllare la mente: “Quando il prana si muove, chitta (la forza mentale) si muove; quando il prana è senza movimento, chitta è senza movimento. Attraverso questo (la stabilità del prana), lo yogi raggiunge la stabilità della mente e ciò riduce vayu (l’aria)” (20).

In conclusione, gli attuali scritti di riconosciuti yogi e le ricerche sugli effetti delle pratiche del pranayama, confermano l’antica visione yogica secondo cui il pranayama esercita dei profondi effetti sul cervello umano. Anche la limitata esperienza dello scrittore conferma la visione che le pratiche di pranayama possono avere degli effetti sottili sul cervello, sul benessere ed influenzano il livello della spiritualità dell’individuo.

Bibliografia
(1) Saraswati, Swami Niranjanananda, Yoga Darshan, Sri Panchdashnam Paramahamsa Alakh Bara, Deoghar, 1993, p.134.
(2) ibid.
(3) ibid. p.463.
(4) ibid. p.150.
(5) ibid. p.308.
(6) ibid. p.309.
(7) ibid. 
(8) Van Lysbeth, Andre. Pranayama: The Yoga of Breathng, Union Paperback, London, 1979, pp.155-7.
(9) ibid.
(10) Saraswati, op cit. pp.342-3.
(11) ibid. pp.323-4.
(12) ibid. p.331.
(13) ibid. p.333.
(14) ibid. 
(15) ibid. pp.332-3.
(16) ibid. pp.336-7.
(17) ibid. pp.337-8.
(18) Motoyama, Hiroshi (ed), “Western and Eastern Medical Studies of Pranayama and Heat Control”, in Research for Religion and Parapsychology, The International Association for Research for Religion and Parapsychology, Tokyo, 1977 pp.23-4.
(19) ibid. p.42. 
(20) Swatmarama, Yogi, Hatha Yoga Pradipika, 2nd edition, Bihar School of Yoga, Munger, 1993 p.134.
(21) Saraswati, Swami Niranjanananda, Prana Pranayama and Prana Vidya, Bihar School of Yoga, Sri Panchdashnam Paramahamsa Alakh Bara, Deoghar, 1993.

Tratto da: http://www.yogamag.net/archives/1997/ajan97/pranbran.shtml