venerdì 21 marzo 2014

L'importanza della fede

Swami Niranjanananda Saraswati

Qual è la maggiore realizzazione nella vita umana? Alcune scritture asseriscono che è la conquista del corpo, altre che l’intelligenza ci rende unici rispetto alle altre forme di vita. Ci sono differenti opinioni in merito a quale sia la maggiore realizzazione nella vita umana e, forse, dalle loro particolari prospettive, sono tutte corrette. Comunque, da un’altra prospettiva, la maggiore realizzazione che si può ottenere nella vita è la fede, in quanto la fede mantiene la mente e le emozioni equilibrate. La fede non ammette che vi sia infedeltà, né emozionale né intellettuale. Questo è uno dei punti più importanti riguardo alla fede.

La fede è un’espressione originale del cuore umano. Quando nasciamo, funzioniamo tramite il cuore, non attraverso la mente. Con l'inizio della formazione educativa, la mente prende il sopravvento e la componente del cuore è relegata in secondo piano, così, nel corso della vita, funzioniamo attraverso l’intelletto, tramite la logica. Domandiamo: “Perché?”, “Come?” e tutte queste domande si riferiscono alle espressioni intellettuali e di comprensione. Ma certe cose non possono essere comprese e nemmeno analizzate dalla facoltà dell’intelligenza, e questa è la forza del cuore. Il cuore è sempre alla ricerca di supporto, sicurezza, compassione, amore ed affetto – tutta la bontà e la bellezza della vita. La mente può pensare all’aspirazione, alle cose buone, ma è sempre distolta da esse. Il desiderio rimane un desiderio, il pensiero rimane unpensiero e le aspirazioni possono rimanere incompiute.

Prestate attenzione all’importanza della fede nella vostra vita. Ci sono differenti mentalità, differenti samskara, o impressioni, appartenenti ad ogni civiltà, ad ogni gruppo sociale. La mentalità di ciascuna società dipende dall’ambiente sociale. Se non vi è equilibrio tra la via materiale e le aspirazioni spirituali, si ha una disconnessione tra le forze del cuore e le energie. Quando c’è disconnessione dalle forze del cuore, la mente si trasforma da sola, diventa più grossolana, materialistica e sensuale, maggiormente piena di brame e desideri. Tutte queste brame, desideri ed ambizioni ci portano a cercare appagamento all’esterno, ma quando non riusciamo a trovare il piacere, la felicità e l’appagamento nel mondo, entriamo in un periodo depressivo o d’insicurezza, in un ciclo di aggressività o di paura, che condizionerà il nostro comportamento. Il nostro disequilibrio psicologico ed emozionale disturba la famiglia e, quindi, la società diventa disturbata. Poi, al fine di evitare questa frustrazione, diventiamo dipendenti da qualcosa che tiene la mente lontana da questa depressione.

Qui è dove entra in gioco la fede. La fede è una qualità che equilibra i disturbi psicologici ed emozionali. Ad esempio, c’è un’enorme differenza psicologica tra un mendicante ed un ladro con un coltello o una pistola che vi deruba dei vostri oggetti di valore e che, se opponete resistenza, potrebbe farvi del male. Se un mendicante in India non riceve cinque rupie ed è affamato, la notte prima di dormire, direbbe: “Signore, non hai voluto farmi mangiare oggi. Accetto il volere di Dio. Forse domani sarà un giorno migliore”. Rimarrà contento di questo sentire. La fede da pace, consolazione, conforto e la consapevolezza che si è guidati dal proprio creatore. Ma per un ladro, la realizzazione di queste cose è molto più importante della vita degli altri.

La fede è una qualità radicata in una mentalità culturale, ed è sempre esistita. Ma quando arriva la logica, la fede è relegata in secondo piano, e si diventa di natura più materialista e si perde l’equilibrio interiore e l’armonia. 

Navaratri e la fede
In India, dall'antichità, Navaratri è stata sempre una celebrazione ed un’esperienza dell’andare in profondità nella propria fede. Questa fede è un’espressione di sentimenti positivi ed elevanti nella propria vita. Ciò che nella Cristianità è conosciuto come la buia notte dell’anima in India è Navaratri, le nove notti buie dell’anima. Navaratri rappresenta l’identificazione dell’individuo con la natura protettiva, materna dell’universo, la shakti, il potere e la forza che rimuove lo stato d’impotenza dalla vita. Durante il periodo dei nove mesi nel grembo materno, la madre vi nutre e vi protegge, assicurando che possiate nascere in salute. Allo stesso modo, la Shakti cosmica è il contenitore dell’anima individuale. C’è una connessione di cuore. La forma originale di realizzazione era l’identificazione con l’aspetto materno. Quando ci connettiamo con l’energia cosmica, troviamo felicità e pace, e superiamo impotenza ed ansia. Quindi, Navaratri è un’espressione della fede. Le persone si connettono con l’energia trascendentale, la realtà trascendentale in una celebrazione simbolica di fede.

Fede e religione
Molte persone identificano la fede con la religione, ma dovrebbe essere vista in un contesto differente, perché la fede precede la religione. La fede è nata dalla filosofia dell’Advaita Vedanta, che oggi in India è seguita dai sannyasin. Quando abbiamo fatto la prima apparizione sul pianeta, siamo stati dotati di fede, non d’intelletto. Quando siamo affamati, come facciamo a sapere quale frutta mangiare o quale animale uccidere per soddisfare la nostra fame? Non è l’analisi logica o la decisione intellettuale, bensì è la fede che ci spinge a mangiare qualcosa di cui non avevamo assolutamente nessuna conoscenza. È la fede che ci spinge a prendere il rischio tra la vita e la morte.

Quando gli esseri umani iniziano a chiedersi: “Chi sono io? Cos’è questo corpo? Sono solo in questo universo?” è la fede che li connette con il cosmo, con l’universo. È la fede che fa vedere ad un essere umano la scintilla del divino in una pietra, in un albero, in un fiume, in una montagna, nel sole, nella luna e nelle stelle.

Religioni come lo Scintoismo in Giappone e le antiche tradizioni Indiane, onorano la natura, la creazione, ed hanno rispetto per la divinità che esiste in loro. Quando percepiamo l’identità dell’essenza divina in ogni cosa – negli oggetti materiali, nelle pietre, negli alberi, negli animali e negli umani - si dà vita all’Advaita Vedanta, che ritiene che Dio sia in ogni cosa e che ogni cosa esiste in Dio.
L’Advaita Vedanta è la prima filosofia dell’umanità, e non è una religione. La filosofia dell’Advaita Vedana è il risultato della fede in una realtà superiore, in un’esistenza superiore e precede ogni tipo di credo religioso. Non c’era la Cristianità duemila anni fa. Non c’era l’Islam 1.500 anni fa. Qual era il ruolo della fede prima che queste religioni esistessero? Qual era il ruolo della fede 10.000 o 20.000 anni fa? Essa era pura. Non aveva nulla a che fare con le aspirazioni individuali per realizzare la realtà trascendentale.

Questa fede, questa connessione di cuore, venne oscurata dall’avvento della civilizzazione e dall’identificazione con la ricerca delle comodità e del lusso. Con la tendenza a manipolare la natura per soddisfare le nostre necessità, questa fede venne adombrata dall’avidità delle attitudini materialistiche. L’avidità ha dato vita a ciò che possiamo chiamare infedeltà emozionale ed infedeltà intellettuale. In questo modo ci disconnettiamo dal cuore. Oggi tutte le esperienze di cuore che ci aspettiamo, che desideriamo e che esprimiamo non sono esperienze pure di cuore, sono esperienze viziate, colorate e condizionate. Anche la compassione, la fede, il credo e l’amore sono condizionate. Tutto ciò che preoccupa le persone sono le associazioni e le relazioni, i desideri e le aspirazioni. Non c’è posto per la fede nella vita di oggi; abbiamo perso la fede nella natura ed in noi stessi a causa della nostra follia e dei nostri difetti.

Oggi associamo la fede con la religione, perché quando arrivarono le religioni, molto più tardi nella storia umana, e si organizzarono come sette, tradizioni, gruppi di seguaci e credenti, la consapevolezza spirituale lasciò la religione e ciò che rimase fu un cieco processo ritualistico che deve essere rispettato e seguito dai credenti e seguaci di quella religione. Le religioni organizzate crearono una serie di discipline al fine di mantenere e conservare il controllo. La fede cessò di essere una realtà nelle nostre vite. 

Coltivare la fede
Il coltivare la fede è una componente importante nella vita yogica e spirituale. Patanjali incorporò il concetto del credo nella realtà più elevata all’inizio degli Yoga Sutra, dove c’è un’indicazione che afferma che lo yoga può essere ottenuto solo quando la fede è di nuovo ristabilita nella vita. La fede rende una persona completa e sana in quanto è la pura essenza della vita. La logica è diventata l’essenza della vita nella società di oggi, ma precedentemente il tratto principale dell’umanità era la fede.

La fede può essere coltivata, non pensando ad essa, leggendo libri e cambiando i nostri punti di vista o le nostre idee, ma seguendo certe discipline che possono aiutarci a riallineare e focalizzare le energie dissipate. Le energie che usiamo nella vita quotidiana possono essere trasformate, sia che si tratti di energie mentali, emozionali o fisiche. Questo è il concetto fondamentale del tantra. Il tantra dice di non sopprimere nulla perché, più sopprimiamo qualcosa, più potente diventa. Questa, ora, è anche la direzione della moderna psicologia.

Precedentemente le persone erano solite nascondere le loro negatività e se queste venivano in superficie, cercavano di sopprimerle presentando un bella facciata. Questa è l’etichetta sociale. Se un bambino piange i suoi genitori gli dicono: “Perché stai piangendo? I maschi non piangono.” La soppressione diventa l’etichetta sociale. Solo molto recentemente psicologi, psicanalisti e psichiatri hanno detto che non si devono sopprimere ma liberare le negatività per rimuovere i blocchi emozionali. Il tantra ha sempre detto che ogni cosa va liberata, ma la liberazione deve essere un processo di controllo. Se un cavallo sta galoppando a pieno ritmo in una direzione, occorre che venga fermato gradualmente, non istantaneamente. Questa graduale diminuzione della velocità di un veicolo è noto come consapevolezza e controllo. Mentre si rallenta occorre avere pieno controllo, consapevolezza di tutto. Se si effettua una svolta cieca senza tenere presente la velocità, i freni, l’acceleratore, la frizione ed il cambio, l’auto farà un testa-coda. Per cui, aver cura dell’azione è conosciuto come controllo.

Controllo – sanyam
Le due idee di base del tantra sono accettazione e liberazione, da una lato, e controllo dall’altro. Molti hanno idee differenti. Essi dicono: “Se il tantra dice di non negare niente, allora siamo liberi di fare tutto.” Ma non è possibile che ci sia la notte di giorno, e non è possibile che il sole sorga a mezzanotte. Ci sono delle leggi che controllano la creazione e che controllano l’essere umano. Ci sono le leggi della natura e le leggi della coscienza. Possiamo parlare delle leggi della natura, ma non sappiamo cosa sia la coscienza. Possiamo discuterne, ma non sappiamo cosa sia. Come possiamo sapere cosa accade nel regno dell’inconscio? Come possiamo sapere cosa accade nel regno del subconscio? Siamo consapevoli dei processi del subconscio e delle attività che lì sono generate? Siamo consapevoli di neanche il venti percento delle facoltà del conscio. Per il 98% del tempo siamo identificati con ‘io’, ‘mio’, le mie felicità, i miei piaceri, le mie comodità, la mia soddisfazione, il mio appagamento. Quindi, la nostra attenzione è presa dall’idea del ‘mio’ per il 98% del tempo; com’è possibile fare esperienza delle differenti dimensioni dell’esistenza e della coscienza?

Ad un certo punto occorre dissociarsi dall’idea del ‘mio’, e questo si ha quando arriva vairagya, il terzo principio dello yoga e del tantra. Per prima cosa occorre coltivare vairagya, il non attaccamento, l’associazione oggettiva, basata su una netta relazione discriminativa.

La fede e la relazione guru-discepolo
Per sviluppare la fede occorre avere un punto di focalizzazione. Deve essere direzionata verso qualcuno con cui si ha un rapporto molto equilibrato. Inizialmente le persone erano solite avere dei rapporti molto equilibrati ed armonici con il guru, senza aspettative. Al giorno d’oggi, invece, il guru è diventato la pattumiera per i problemi personali dei discepoli. La maggior parte delle persone proiettano ciò che vogliono sul guru. L’attitudine è che tutte le cose buone sono dovute ai propri sforzi e che tutte le cose brutte vengono dal guru per testare il discepolo. Nessuno dice che le cose buone arrivano per grazia del guru e che le cose brutte derivano dai propri errori. La base della relazione guru-discepolo dovrebbe essere la fiducia, non la dipendenza, perché il guru vuole che ogni persona sia capace di gestire la propria vita con dignità e chiarezza.

Chiedetevi che tipo di relazione avete con me, dopo un rapporto di diversi anni. Che tipo di rapporto avete coltivato nella vostra mente? Amico, guida, guru, collega, amante o cos’altro? Pensateci, e poi pensate anche se vivete quella relazione. Scoprirete che finora non l’avete fatto perché non avete chiaro come coltivare la vita spirituale, come incorporare le attitudini spirituali nelle vostre vite.
Pensare di coltivare la compassione, l’amore e la simpatia sono cose secondarie; occorre preparare il terreno prima di piantare il seme. Quindi, nonostante un rapporto di molti anni, la relazione non è identificata chiaramente, perché per prima cosa avete bisogno di chiarezza, viveka, che porta a vairagya, che porta poi alla limitazione, sanyam, controllando il movimento dei sensi, della mente, delle emozioni e dei sentimenti.

Anushasana
Devono essere fatte le modifiche necessarie. Se decidete di non mangiare la cioccolata per quattro mesi, ma ogni notte andate a dormire in una fabbrica di cioccolato, quanto contenimento potrete essere in grado di mantenere? Potreste cambiare posizione, ma l’olfatto, la vista ed il gusto vi tenteranno ed inizierete a combattere con voi stessi. Un adeguamento esterno dovrà avvenire, cioè la disciplina, anushasana. Anushasana non significa sistema di imposizione o di obblighi, ma una regolazione della natura sottile e della personalità. In questo modo la mente sarà gradualmente liberata dall’auto-associazione, dall’identificazione con l’“Io”. Più sarete liberi dall’identificazione con l’“Io”, maggiore fede sarà generata.

La fede apparirà solo quando l’“Io” non esisterà più. La fede sparisce quando nasce l’“Io” perché l’“Io” rappresenta sempre l’intelletto, la dimensione logica, mentre la fede rappresenta la dimensione universale che connette l’essere umano con il Sé trascendentale, senza l’imposizione di nessuna ideologia religiosa, dogma o rituale. La fede è la vostra connessione spontanea, la vostra memoria.

Una madre è sempre consapevole dei movimenti del figlio. Lei non siede tutto il giorno a guardare il figlio per esprimere il suo amore ed affetto. Ha una consapevolezza spontanea. È questo tipo di memoria, basata sulla connessione dell'anima individuale con il Sé trascendentale, che è coltivata come fede nella filosofia dell’Advaita Vedanta. La fede è la porta tra la stanza dell’individualità e la stanza dell’universalità. Questa è la porta che deve essere aperta.

Ganga Darshan, Ottobre 2004